La resistenza viene descritta nelle teorie analitiche come
un processo difensivo, che aiuta il cliente a difendersi da ció di cui ha paura e
da ció che lo fa stare male. Nei disturbi alimentari si presenta in diversi modi,
tra i quali:
- Giustificare le proprie azioni e comportamenti,
quando non si é grado di affrontare la propria terapia e le proprie paure.
- Trovare la causa della mancanza del commitment in fattori esterni: come lo stress, i problemi sul lavoro o nelle relazioni interpersonali.
- Sbadigliare in continuazione duarante le
sedute, mostrando noia.
- Spostare in continuazione gli appuntamenti.
- Non fare gli esercizi pianificati con il
terapeuta.
- Dimenticare il diario alimentare.
- Non seguire il piano alimentare, considerandolo poco utile per il processo terapeutico.
- Mentire.
- Mettere in discussione la terapia, cercando di
convincere il terapeuta, che sta sbagliando.
- Minimizzare il problema che si ha con il cibo.
- Interrompere la terapia bruscamente senza dare
spiegazioni.
Tutte queste forme di
resistenza sono forme difensive, che se analizzate ad una ad una, ci consentano
di capire, che alla base di questi comportamenti non c´é solo poco commitment
da parte della persona colpita, ma anche una debolezza del rapporto
cliente-terapeuta. La mia esperienza mi insegna, che una persona con i disturbi
alimentari in genere ha difficoltá a instaurare un rapporto ed a mantenerlo nel
tempo. Quindi il terapeuta deve sempre essere pronto a tener conto dei
cambiamenti brutali, che si manifestano nel corso della terapia. Il disturbo
della personalitá emotivamente instabile é una peculiaritá del disturbo
alimentare e consiste proprio negli sbalzi di umore e nella difficoltá di
essere costanti. Io lavoro sempre cercando di andare incontro al mio cliente e
alle sue esigenze, ma metto dei limiti, quando mi accorgo, che la persona
colpita si dirige nella direzione opposta, da quella stabilita insieme. Un
esempio ricorrente: La persona colpita si rifiuta categoricamente di seguire il
piano alimentare, rifiuta ogni tipo di sostegno telefonico o per mail, in poche
parole rifiuta un appoggio, per evitare le abbuffate. Si rifiuta di provare
Skills, che l´aiutano a combattere la malattia, manifesta un atteggiamento
distruttivo nei suoi confronti e nei confronti delle persone che le sono
accanto, non fa gli esercizi, trova scuse per saltare la terapia e per fare
tranquillamente le sue abbuffate, cerca modi per giustificarle e soprattutto si
dimentica della psicoeducazione terapeutica e non applica le tecniche
terapeutiche nel momento del bisogno. La resistenza aumenta soprattutto quando
passa molto tempo da un appuntamento all´altro. Le persone colpite che
manifestano la resistenza vivono le settimane senza terapia come settimane
liberatorie nelle quali poter fare ció che si vuole. Il mio porre dei limiti
significa innanzitutto esprimere un´opinione sincera su ció che io sto vivendo
nel mio rapporto con questi clienti e sulla resistenza che stanno dimostrando
in maniera inconsapevole. Io non faccio l´accompagnamento alle abbuffate o ai
digiuni. Questo significa per me: „Io non offro una terapia, per sostenere il
loro comportamento inadeguato, ma un sostegno per poter affrontare insieme dei
cambiamenti.“ Le persone che manifestano resistenza devono tener conto di una
cosa: Non si puó superare un disturbo alimentare senza avere una struttura. La
mancanza di struttara é una delle caratteristiche principali di un disturbo alimentare,
per superarlo devono imparare a rispettare la struttura che gli viene insegnata
in terapia. Un aspetto importante é che devono imparare a mettere la malattia
in primo piano, senza minimizzarla. Spesso vivono la terapia come un optional
con atteggiamento del tipo: „Ma sí, quasi quasi ci provo, poi se non funziona
smetto“. Oppure disdicono gli appuntamenti, perché hanno trovato di meglio da
fare o con la scusa che devono lavorare. Queste azioni non aiutano il commitment
e non rafforzano la motivazione a guarire. Il mio porre i limiti consiste anche
nell´onestá intellettuale e responsabilitá professionale di consigliare a
questo tipo di clienti un trattamento stazionario. In clinica sono obbligate a
rispettare delle regole, che nella quotidianitá per via della loro resistenza
non riescono a seguire. I disturbi
alimentari sono guaribili e per guarire, si deve accettare il fatto, che non si
puó guarire continuando a fare sempre le stesse cose e cioé a fare quello che
dice la malattia, ma seguendo la strada della paura, che é la piú difficile, ma
anche la piú vera“.
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